Sanità, Ipocrisia e pallottole

Se la salute è un bene primario, perché la sanità italiana è al collasso?

L’emergenza sanitaria è stata posta a fondamento della più inusitata sospensione delle libertà costituzionali che la storia contemporanea ricordi.

Si era detto che le perduranti limitazioni all’esercizio delle basilari libertà fondamentali dovevano riconoscersi giustificate giammai dalla letalità dell’infezione respiratoria, ma dal fatto che i reparti di terapia intensiva erano inadeguati ad ospitare coloro che necessitavano di trovarvi assistenza nella fasi di impennata della curva dei contagi.  

Era noto che, stando ai processi di cosiddetta “evoluzione convergente”, ogni virus tende a progressivamente divenire compatibile con l’uomo. Di talché ci si sarebbe attesi, allora, di assistere ad un portentoso potenziamento del sistema sanitario nazionale nelle fasi di riduzione della diffusione del contagio e di decrescente letalità del patogeno. Ed invece è sotto gli occhi di tutti che il sistema sanitario pubblico appare destinato alla ineluttabile dissoluzione.

Il primo a tuonare a palle incatenate sulla sanità italiana mica è stato un perfido sovranista, ma il Papa in persona, quello titolare, non quello emerito.

Vero è che è stato il Pontefice sudamericano, nel corso di una recente udienza concessa ai dirigenti della confederazione Federsanità, ad intervenire a gambe unite sulla questione. Non è casuale che l’intervento del Papa non abbia trovato adeguata risonanza sulla stampa. Nella circostanza Bergoglio, infatti, non si è astenuto dall’affermare con nettezza concetti di giustizia sociale ormai del tutto desueti per la nuova sinistra bellicista e guerrafondaia, quella tutta armi e zero diritti sociali: “occorre lavorare perché tutti abbiano accesso alle cure – ha detto il Papa- perché il sistema sanitario sia sostenuto e promosso. Tagliare le risorse alla sanità è un oltraggio all’umanità”. Durante l’udienza il Pontefice ha opportunamente soggiunto: “quando un paese perde questa ricchezza che è la sanità pubblica, incomincia a fare distinzioni tra la popolazione: coloro che hanno diritto ad accedere alle cure, e coloro cui le cure saranno negate”.

Le parole di Francesco sono cadute nel nulla, eppure la questione è rilevante, per molteplici aspetti: non è un caso se il Papa sudamericano, particolarmente sensibile alla questione sociale, bastona la gestione del settore pubblico gestito, in Italia, dal ministro più a sinistra della compagine di governo.

Per limitare diritti incoercibili e le libertà fondamentali si era detto che la salute doveva essere considerato il bene supremo, quello meritevole di tutela sopra ogni altro. E’ per tutelare il tanto evocato diritto alla salute che sono stati adottati provvedimenti extra ordinem, contenenti limitazioni, spesso dannose oltre che insensate, al diritto al lavoro, all’autodeterminazione, e ad ogni concetto di dignità e libertà della persona, per prolungati periodi di tempo.

Come si spiega allora che questa classe di governo aumenti le spese di politica militare, in armamenti, in digitalizzazione, incentivi l’uso delle auto elettriche a beneficio dell’industrie straniere che le producono, e non investa nel potenziamento dell’assistenza sanitaria pubblica, ospedaliera e domiciliare?

E come si spiega allora la fuga dei medici anno per anno dagli ospedali, i buchi negli organici, e, soprattutto, l’agghiacciante collasso di quei rari reparti di pronto soccorso sopravvissuti ai devastanti tagli al settore scelleratamente imposti per rispettare i parametri di bilancio imposti dal gelido rigore degli eurocrati?  

“Pronto soccorso al Cardarelli. Un’esperienza ai limiti dell’umano”

La condizione dei pronto soccorso è da sola eloquente. E’ evidente che il mantenimento della sigla “pronto soccorso”, all’esterno di tali reparti, attualmente configura un tragicomico mendacio, una vera e propria truffa delle etichette. Ad onore del vero, per meglio definire la condizione di tali strutture, originariamente concepite per prestare cure indifferibili ed urgenti, risulterebbe meno ingannevole una diversa denominazione: “reparti assistenza improbabile, tardiva ed eventuale” sovrastata da un teschio bianco in campo nero, piuttosto che dalla attuale croce rossa in campo bianco.  E sopra ogni altra cosa, va detto che se, per i chiusuristi al governo, veramente la salute è il bene supremo, come sono spiegabili le infinite liste di attesa per visite specialistiche o esami strumentali.

Nel Lazio, di recente, per una risonanza al cervello – esame che sottende sospetti particolarmente gravi – la prima disponibilità nella città di Roma è stata individuata nel 2023. Ce n’è abbastanza per concludere che, in Italia, quello del diritto alla salute non è solo l’ultimo rifugio della canaglie ma unicamente il grimaldello legittimante la deriva autoritaria di un sistema che su di esso ipocritamente fa la leva per criminalizzare il dissenso. Sarà per questo che ogni qualvolta ne sento ancora parlare da ministri e super consulenti esperti, non posso che, parafrasando una frase celebre, togliere “la sicura alla mia browning”.

Carmine Ippolito

Un pensiero riguardo “Sanità, Ipocrisia e pallottole

  1. Non posso che condividere e pensare che una volta la sanità pubblica accessibile a tutti e gratuita era uno dei cavalli di battaglia della sinistra eri i medici scalzi in Cina e l’export dei dottori cubani nel terzo mondo.Che tristezza

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