
Diciamocelo con chiarezza: la gestione tecnico scientifica dell’emergenza sanitaria in corso è del tutto fallimentare. Eppure molti sono stati persuasi (dalla paura o dal dolore) che siano sacrificabili (quasi) tutti i diritti umani per tutelarne uno solo, anche solo in teoria. Per costoro, la società sarebbe migliore se gli scienziati controllassero tutte le politiche pubbliche (Physics-astronomy.org su twitter.com: «Immaginate un mondo in cui regnino gli scienziati e non i politici»).
Si propone da diverse parti, proprio in queste ore, un nuovo governo “di ricostruzione nazionale” a guida Mario Draghi (nel caso non dovesse reggere la maggioranza giallorossa attuale: wallstreetitalia.com): lo scienziato dell’euro e dell’austerità per ripagare il debito. Il momento politicamente sarebbe propizio alla maggiore austerità. Il popolo, già piegato dalle ristrettezze da emergenza sanitaria, sarà disposto ai maggiori sacrifici necessari per ripagare il debito contratto proprio per superare l’emergenza sanitaria. Molto probabilmente, quegli stessi che affidano ciecamente le proprie sorti alla scienza, e solo alla scienza, preferirebbero un governo tecnico, non politico.
Molti sono portati a credere che il miglior ministro della giustizia debba essere necessariamente un avvocato o un magistrato, o che quello della sanità debba essere un medico, dell’istruzione un insegnante, dell’economia un professore o un banchiere. Gli italiani (per definizione, tutti allenatori di calcio, compreso chi scrive) credono che un bravo allenatore debba essere stato prima un bravo calciatore , e che conseguentemente, un calciatore scarso (o peggio, uno che non abbia mai giocato) non possa fare il mister.
Insomma la questione “tecnica”, la gestione degli esperti, investe diversi campi, non essendo certamente limitata al settore sanitario (anche se ne scriviamo dai nostri bunker da zona rossa festiva).
Eppure, un governo di scienziati, un regime di esperti, rievoca ed impone l’istituzione di antiche forme di tecnocrazia autoritaria. Anzi, appare anche vagamente anti-scientifico: il contributo della scienza è fondamentale per il progresso e la conoscenza, ma non va confuso con i doveri, del tutto diversi, di mettere in atto politiche efficaci e stabilire priorità in ambito sociale.
La scienza, propriamente intesa, è un ottimo metodo di comprensione dell’universo fisico, i cui strumenti sono l’osservazione, la formulazione di ipotesi, la precisa misurazione, il test, la sperimentazione, la confutazione, eccetera. Per essere produttiva, la scienza deve essere praticata oggettivamente. L’ obiettivo non dovrebbe consistere nel ricercare e giustificare ciò che gli scienziati vogliono che sia vero: piuttosto accertare fatti circa il funzionamento del mondo naturale. Anche per questo, forse fa più ribrezzo un medico che lucra su terapie, medicinali e vaccini, piuttosto che un politico corrotto dalla bustarella per un appalto (al netto dei valori in gioco e delle sanzioni).
In questo senso la scienza è amorale. Quindi, anche se è estremamente efficiente nel trarre conoscenze, non può fornire informazione alcuna su cosa sia giusto o sbagliato, buono o cattivo, morale o immorale. Questo è da sempre compito della filosofia, della religione, della morale. Governare è un’impresa molto più complicata e ricca di sfumature: è un atto politico!
Certamente, attuare politiche pubbliche efficaci richiede dati precisi, tratti dalla realtà fenomenica, quindi scientifici. Ma diversamente dalla scienza, governare è un’attività tutt’altro che oggettiva, anzi, sostanzialmente soggettiva: essa richiede un sistema di valori mediante il quale filtrare, giudicare e valorizzare i fatti che la scienza accerta. Si può dire che la politica è la lente attraverso la quale osservare la realtà dei fatti (più o meno il pensiero di G.Mosca, N.Bobbio). Inoltre, governare significa raggiungere compromessi, che non è certamente la prerogativa dell’indagine scientifica.
Sia detto incidentalmente, ad avviso di chi scrive, il motivo dell’insuccesso di alcuni medici risiede proprio nella mancanza di capacità di governo del paziente: sono solo scienziati! Lo affermo da paziente: vivo di fumo e caffè, per la pressione alta mi raccomandano di eliminare innanzitutto fumo e caffè. E grazie al piffero, dotto’: è facile fare il medico, se il paziente guarisce da solo!
Si prenda ad esempio il disagio socio sanitario da corona virus. La scienza può indicare l’origine della malattia, i suoi sintomi, descriverne – più o meno acutamente- i meccanismi di diffusione e (auspicabilmente) i passaggi che porteranno alla sua definitiva eliminazione. Ma questa “scienza” non esaurisce le necessità sociali e gli obblighi di governo di una comunità: non ci si può affidare alla scienza per definire l’attuazione di politiche efficaci contro l’emergenza. Come potrebbe la scienza medica, concentrata meritevolmente (si spera soltanto) sulla lotta alla malattia, valutare gli effetti sociali della malattia stessa ed l’immenso disagio sociale ed economico. Danni derivanti da adeguamento igienico-sanitario prima e da chiusura totale poi dei negozi nei settori non essenziali, dalla paralisi imprenditoriale produttiva, dalla consequenziale depressione da isolamento negli anziani, dalle catastrofiche derive asociali da frequentazione di aule scolastiche virtuali, quando non da ritardo cognitivo dei bimbi delle primarie, da disoccupazione a livelli storici?
Per lo scienziato, è ovvio, per evitare il diffondersi del virus va impedito il contatto umano: va chiuso tutto. E grazie! Ma, di fronte alla probabilità che il lockdown limiti solo, senza impedirla, la diffusione di una grave malattia tra la popolazione, qual è il prezzo in termini di salute che la stessa popolazione dovrà pagare, per non rischiare danni alla propria salute? Non è questa, certamente, una questione scientifica, tanto meno la gestione dell’emergenza può essere affidata ad un comparto di esperti.
Altro aspetto rilevante della questione sanitaria connessa alla diffusione del virus, che nulla ha a che fare con la scienza, è la valutazione del rischio che l’obbligo vaccinale proposto dalla comunità scientifica possa innescare una resistenza sociale tale da nuocere essa stessa alla lotta contro la malattia. Ancora una volta, la questione va oltre ogni considerazione di tipo scientifico: gli scienziati non possono fornire un riscontro esauriente. I sostenitori dello scientismo lo sanno bene.
Dunque, qual è l’obiettivo di questo sostegno al governo degli scienziati? La risposta più probabile è: la deriva ideologica. Si assiste a due fenomeni convergenti. Da un lato, il settore scientifico sta diventando sempre più ideologizzato, con le principali riviste scientifiche intente spesso a promuovere programmi politici dichiaratamente progressisti, nascondendo il proprio orientamento dietro l’autorità concessa dal pubblico alla scienza. Dall’altro, media sempre più asserviti al,potere ideologico coinvolgono esponenti della comunità scientifica, per influenzare le masse, attribuendo al messaggio ideologico, apertamente schierato, una certa veste scientifica. Vedete? – è il messaggio – non lo diciamo noi: lo dice la scienza. L’eco dello slogan dei governi di sinistra di qualche anno fa ( “ce lo chiede l’europa “) è ancora forte.
Si tratta della spasmodica ricerca di attribuzione di autorevolezza ad un messaggio che tale caratteristica non può avere.
Al di là della politica, i sostenitori del governo degli scienziati promuovono un sistema di valori, noto come scientismo. A dispetto della mera somiglianza verbale, scienza e scientismo sono concetti opposti: la prima è un metodo per comprendere fatti oggettivi ed in quanto tecnica pura è amorale. Tal è il motivo per cui il perseguimento della conoscenza scientifica deve essere governato da limiti etici (ad esempio il Codice di Norimberga fissa le regole nella sperimentazione su esseri umani). Al contrario, il secondo promuove una visione del mondo soggettiva.
Lo scientismo è «l’errata credenza che la scienza moderna rappresenti l’unico affidabile metodo di conoscenza del mondo. E il corollario è che gli scienziati abbiano il diritto di dettare alla società la morale, il credo religioso e anche la politica di governo unicamente sulla base della loro competenza scientifica» (John West, in The Magician’s Twin su discovery.org).
Gianluca Bozzelli