
In Italia non è mai il momento per votare. C’è il debito pubblico, la mafia, la crisi economica, il terrorismo, il terremoto, la crisi pandemica. Mai però una legislatura è stata così assurda come quella in corso. E questo certamente non a causa del coronavirus: ogni forma di assurdità, prima della proclamazione dello stato di emergenza, si era già manifestata. Il 18 marzo 2018 maggioritaria dalle urne era uscita la coalizione di centro destra. Gli italiani, quando si recarono alle urne, neppure sapevano chi fosse tale Giuseppe Conte da Volturara Appula. Non vi è un solo elettore, infatti, che quando ha espresso il voto immaginava che il suo consenso poteva essere utilizzato a sostegno di coalizioni, gialloverdi e giallorosse, innaturali e tra loro ideologicamente antitetiche. Queste ultime, da allora, hanno governato il Paese con la duttile guida dello stesso premier, che ha dato prova di sé manifestandosi particolarmente versato nella non facile arte del trasformismo politico. Al solo approssimarsi di una crisi di governo, poi, si apre il mercato delle vacche. Il progressivo declino delle istituzioni repubblicane, nel nostro paese, ha reso familiare una prassi profondamente immorale, sotto il profilo dell’etica democratica, che contempla il ricorso ad un artificio concettuale, normalmente definito falso delle etichette: consiste nell’ indicare con l’appellativo di “responsabili” quei parlamentari che, privi invece di ogni senso etico rispetto al mandato parlamentare ricevuto, e proni al cambio casacca, vedono giunta, nell’approssimarsi di una crisi di governo, l’opportunità da loro tanto attesa per assurgere ad ago della bilancia vincolando, alla decisività del proprio voto, la sopravvivenza in vita della legislatura. Costoro, oltre a preservare il seggio, mirano a conseguire un peso istituzionale nettamente superiore, e del tutto sproporzionato, alla loro forza parlamentare facendo leva sul deterioramento dei rapporti tra le forze di maggioranza ed il venire meno dei voti necessari a tenere in vita coalizioni di governo agonizzanti. La realtà, come sempre, viene presentata in maniera capovolta. Li definiscono impropriamente “responsabili”, ed invece, sul piano politico, dovrebbero più correttamente chiamarli per quello che sono: puttani. Volevate i 5 stelle? Quelli che avrebbero aperto il sistema come una scatoletta da tonno? Sono ritornati i cespugli, gli straccioni di Valmy come li definì Cossiga. La svolta si avrà solo se, e quando, agli italiani sarà consentito tornare al voto per dire la propria. E’ ancora più ingannevole affermare che la crisi di governo doveva evitarsi facendosi scudo di uno stato d’emergenza che, durando da più di un anno, non può più essere considerato tale. L’emergenza è una condizione legata all’emersione di fenomeni inattesi. La circolazione del virus SARS COV 19, a distanza di un anno dalla sua apparizione, non può ancora definirsi tale. La pandemia andrebbe finalmente affrontata con gli strumenti ordinari propri della nostra forma di governo parlamentare. Perseverare nel ricorso a strumenti di governo di tipo commissariale costituisce, sotto il profilo costituzionale, un fatto abnorme, un clamoroso abuso ordinamentale e risponde a logiche di matrice sovversiva. L’atipicità dei mezzi può comprendersi per le prime fasi. Dopodiché determina una progressiva mutilazione delle istituzioni parlamentari e della forma stessa dello stato. Fino a quando ogni criterio di resilienza dello stato di diritto e del bilanciamento dei poteri può tollerare che, a mezzo dpcm e anomali consigli dei ministri notturni, si continui nel fare strame di ogni principio di trasparenza democratica, comprimendo libertà, al contempo, costituzionalmente tutelate da riserva di legge e di giurisdizione? Se il governo sistematicamente agisce con un presidente del Consiglio plenipotenziario, ci troviamo di fronte ad un premierato atipico, non molto distante, nelle forme, all’instaurazione di quella che giuridicamente passa sotto la definizione di dittatura Si tratta di una condizione del tutto eversiva, sotto il profilo costituzionale, in quanto giammai contemplata dall’art. 93 e 139 della Costituzione, secondo cui il presidente del Consiglio non può che essere e restare un primus inter pares. Il Governo si ostina, per esempio, a non rendere pubblici i parametri adottati per operare la divisione del territorio in zone colorate. Da tali classificazioni ne derivano conseguenti pesanti limitazioni alle libertà fondamentali, differenti per numero ed intensità. Come si giustifica questo opaco meccanismo, sottratto al controllo degli organi costituzionali, più conformi ai metodi di una satrapia. Analoghe considerazioni valgono per le cd task force. Attraverso comitati si persiste nell’esautorare il funzionamento di governo e parlamento. Tali considerazioni devono considerarsi estensibili anche alla gestione degli aiuti europei. Il recovery non è altro che emissione di debito pubblico, sebbene venga presentato, sempre facendo ricorso all’artificio della truffa delle etichette, come un insieme di elargizioni. La gestione di tali finanziamenti va amministrata secondo i meccanismi previsti in Costituzione per quanto attiene il bilancio dello stato e non mediante organismi pletorici e deresponsabilizzanti. E’ giunta l’ora di tenere alta la guardia sulla tenuta degli assetti repubblicani ed impedire il mistificatorio protrarsi di qualsivoglia logica emergenziale fuori tempo massimo.
Carmine Ippolito
Se non rimane altro bisogna urlare.
Il silenzio è un autentico delitto contro il genere umano.
Nadeźda Mandel’śtam
A colpi di decreti hanno privato al genere umano della loro libertà, costituzionalmente parlando. “legge/fuorilegge”, questo oggi è il Parlamento!
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Che dire,Condivisibile al 90%.
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discuteremo sulla percentuale residua
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