
Babbo Natale quest’anno, sotto l’albero, ci ha lasciato un vaccino.
Il 27 dicembre è stato proclamato “V day”, il giorno di vaccinazione europeo che inaugura la campagna di vaccinazione di massa che si svolgerà in tutta Europa. Il vaccino – stando sempre al parere delle massime autorità sanitarie – non avrebbe fatto registrare controindicazioni assolute.
Dagli stati Uniti, dove la campagna per la somministrazione del vaccino è iniziata con qualche anticipo, arrivano però notizie tutt’altro che incoraggianti sul piano degli effetti collaterali nel frattempo manifestati in numero non irrilevanti di casi. Del resto che il vaccino, messo a punto dai laboratori Pfizer Biontech fosse molto più “ reattogenico “ dei comuni vaccini, era già arcinoto. La maggiore reattogenicità del vaccino era stata non solo evidenziata già dal professor Guido Forni – accademico dei Lincei, e docente di immunologia all’Università di Torino – ma confermata anche dal comitato di esperti della americana “Food and drug administration”.
Non essendo in pochi ad auspicare che, in Italia, venga introdotto, per legge, l’obbligo di vaccinazione anti covid, non può apprezzarsi illogica l’aspettativa di una informazione più consapevole circa la natura ed i possibili effetti del farmaco.
Del resto, le case farmaceutiche produttrici del vaccino anti covid sono state le prime a non sottovalutare la questione. Big pharma ha subito messo le mani davanti e, secondo il collaudato principio del “privatizzare i guadagni e collettivizzare le perdite”, ha già ottenuto che, nel caso di danni causati dal vaccino anticovid, a pagare dovranno essere i governi che ne hanno commissionato l’oneroso acquisto. Le case farmaceutiche, dopo avere ricevuto miliardi per la ricerca, si vedranno sollevate da qualsivoglia responsabilità e quindi anche dal rischio di farsi carico di possibili imponenti risarcimenti. A tali determinazioni sono già giunti sia il Governo Britannico che quello americano. I contratti stipulati tra le case farmaceutiche e l’unione europea, invece, sono stati secretati e, allo stato, non è dato sapere se sia stata prevista, negli accordi, una clausola che sollevi Big Pharma da ogni forma di responsabilità civile nei confronti degli stati membri. La legislazione italiana prevede l’indennizzo solo in caso di vaccinazione obbligatorie e, considerati i costi che il governo si appresta a sostenere per l’acquisto delle dosi di vaccino ( 1,53 miliardi) la questione sicurezza deve riconoscersi tutt’altro che secondaria.
Non a tutti risulta chiaro che quello di “Natale” non è un comune vaccino. Vero è che, quello della Pfizer Biontech, è un vaccino RNA ribosomico e non antigenico: vale a dire che non è fondato sul principio di inoculazione dell’antigene, ossia del ceppo batterico o virale che si intende combattere mediante la stimolazione della produzione di anticorpi. Il vaccino di Natale contiene infatti una molecola ( RNA messaggero) destinata a stimolare la produzione, da parte dell’organismo, di proteine presenti sul virus Covid. E’ già stato chiarito che la somministrazione di tale vaccino non condurrà al ripristino delle condizioni di vita abituali. La sperimentazione è durata pochi mesi,sicché non sono state acquisite evidenze che consentano di escludere che gli assuntori, una volta immunizzati non risultino poi, a loro volta, portatori del virus. Ed allora quale sarebbe la concreta utilità di ricorrere alla somministrazione di massa di un vaccino siffatto, considerato che lo stato di immunità di gregge si sarebbe comunque raggiunto per via naturale? Del resto, anche senza il vaccino, il 95% dei contagiati già non risulta manifestare sintomi e malesseri. L’interrogativo si pone in termini significativi visto che la brevità delle sperimentazioni non ha ancora dissipato ragionevoli timori su molti dei possibili effetti derivanti dall’inoculazione di un vaccino RNA ribosomico. In particolare: 1) le attività di ricerca e laboratorio risultano avere raccolto prove sufficienti ad affermare che l’inoculazione dell’RNA messaggero stimolerà esclusivamente la produzione di proteine presenti sulla superficie del Covid 19? 2) Sono state raccolte, durante la brevissima sperimentazione, evidenze sufficienti ad escludere che possa risultare stimolata anche la produzione di cellule non programmate dalla potenziale infausta involuzione, come quelle di natura neoplasica? 3) Risulta essere stato raccolto, sul punto, il parere degli oncologi? 4) La lotta alla Sars Covid 19 impone necessariamente il ricorso al vaccino? 5) Le terapie di natura farmacologica, allo stato, devono ancora ritenersi insicure o inefficaci? Su gli ultimi due quesiti l’atteggiamento degli esperti e delle autorità sanitarie desta non poche perplessità. Se gli esiti delle sperimentazioni rispondono a sufficienti standard di sicurezza, per quale ragione le case farmaceutiche hanno preteso di essere sollevate dalle responsabilità dei possibili danni derivanti dalla somministrazione di siffatti vaccini? E soprattutto per quale ragione viene sottaciuta la formidabile efficacia di taluni farmaci – la cui azione antivirale risulta ben nota alla comunità scientifica – nella cura delle sindromi da SARS Corona virus?
Con una nota del 22 Luglio 2020, l’Agenzia Italiana per il farmaco – la stessa che ha autorizzato senza esitazione la somministrazione di massa del vaccino RNA ribosomico – ha vietato, infatti, la prescrizione di idrossiclorochina nella terapia di contrasto al coronavirus.
E’ stato necessario l’intervento della III sezione del Consiglio di stato per annullare gli effetti della decisione dell’AIFA e consentire nuovamente la prescrizione di un farmaco la cui potente azione antivirale è “storicamente” e scientificamente accreditata.
E’ singolare, su tutte, una circostanza: il Presidente della Repubblica, Mattarella, il 20 ottobre scorso, ha inteso insignire, tra gli altri, con l’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica il team di biologi dell’Istituto Nazionale malattie infettive Spallanzani che, per primi, hanno in Italia hanno isolato il Coronavirus.
Sono stati insigniti, pertanto, della altissima onorificenza, quali componenti del dream team anche la dott.ssa Maria Rosaria Capobianchi, il dott. Antonino Di Caro e la Dott.ssa Concetta Castilletti.
Questi ultimi, sin dal 2006, avevano reso noti, però, gli esiti di una ricerca cui avevano preso parte sull’efficacia di taluni antivirali nella cura delle sindromi respiratorie da sars corona virus.
I risultati di tale importante sperimentazione sono tuttora pubblicati e reperibili su accreditate riviste scientifiche specializzate https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/17302372/.
La sperimentazione aveva evidenziato, sin da allora, che una sostanza, l’indometacina, aveva rivelato essere un potente inibitore della replicazione del coronavirus. I risultati della ricerca scientifica, pertanto, suggeriscono, sin da prima della diffusione pandemica del Covid 19, la disponibilità di farmaci che, manifestando una potente azione sia antinfiammatoria che antivirale, possono rivelarsi comunque efficaci nella terapia delle sindromi respiratorie acute gravi da Sars coronavirus.
Nella strategia di contrasto al coronavirus, invece, i governi e le autorità sanitarie perseverano nell’enfatizzare unicamente il ricorso alla somministrazione di un vaccino non tradizionale, altamente reattogenico e fondato su una base sperimentale circoscritta, pur essendo nota la reperibilità di farmaci dotati di capacità inibitoria dei coronavirus, quali idrossiclorichina e indometacina, facilmente disponibili in commercio al costo di pochi euro per confezione.
Il quesito finale sorge spontaneo: i ricercatori dello Spallanzani sono stati insigniti per quello che hanno scoperto o per quello che hanno sottaciuto?
Carmine Ippolito