Autostrada per la decrescita: anticipazioni sulla politica fiscale del governo giallo-rosso

Pare che una delle “idee” del nuovo governo sia quella di aumentare l’IVA (l’incomprensibile tangente di stato sulle transazioni economiche, che così costano al pagante, per ora, il 22% in più) a chi paga in contanti, e così favorire il controllo di stato sui movimenti di danaro costretti alla dimensione elettronica-virtuale, e cioè

a. ridurre la riservatezza ch’è uno dei costitutivi della libertà (serve anche all’illecito, certo, come l’aria serve al volo, ma non è un buon motivo per “via la libertà, via il male” [Evgenij Zamjatin]);

b. pagare per pagare e essere pagati;

c. generare mostruosi profitti per le banche e comunque il sistema finanziario, che si sommano a quelli derivanti dalla stampa e il prestito di carta straccia che non è più neppure una nota di credito “pagabile a vista al portatore” (provate a leggere una qualunque banconota che avete in tasca, e una vecchia banconota in lire, franchi, etc.).

La riduzione dell’uso dei contanti o di altre non tracciabili modalità di pagamento è moralisticamente un modo per annientare la libertà, e non solo quella economica.

Lenin dichiarò – dimostrando di sapere bene che cosa fosse e quanto fosse in sé stesso totalitario e insopportabile – che “il socialismo è innanzitutto censimento” (Serge 1991, p. 87), e non si riferiva certo a quello demografico, ma al “censimento” di Stato anche dell’ultima libbra di pane. Egli, e con lui il bolscevismo, era perfettamente cosciente che tale obiettivo non sarebbe stato raggiunto e con esso l’abolizione della proprietà privata e della libertà economica se non con l’eliminazione del danaro: “Ogni membro della società, eseguendo una certa parte del lavoro socialmente necessario, riceve dalla società uno scontrino [la sottolineatura è mia: all’epoca non esistevano le carte magnetiche…] da cui risulta ch’egli ha prestato tanto lavoro. Con questo scontrino egli ritira dai magazzini pubblici di oggetti di consumo una corrispondente quantità di prodotti” (Lenin 1977, p. 167). E così prima ancora che ci pensassero le banche – provate a farvi liquidare allo sportello un assegno bancario sul quale sta ancora scritto “pagabile a vista al portatore”! – dispose già alla fine del 1917 che “I prelievi dai conti correnti personali non potevano superare 600 rubli al mese, cifra ridotta a 500 rubli in febbraio [1918] (Lincoln 1991, p. 94). Le tesi del VII congresso del Partito bolscevico prevedevano, tra l’altro, che il potere sovietico avrebbe disposto “la registrazione di tutte le operazioni commerciali – dato che il denaro non era stato ancora soppresso [sottolineatura dell’autore] (Serge 1991, p. 194). Ed in effetti, “Il comunismo di guerra nella fase matura, cui pervenne solo nell’inverno 1920-21, comportava una serie di misure radicali intese a porre sotto la gestione esclusiva dello Stato, o più precisamente del partito comunista, tutta l’economia […]. Tali misure erano […] 3. Eliminare il denaro come unità di scambio e di contabilità, a favore di un sistema di baratto regolamentato dallo Stato” (Pipes 1995, vol. II, pp. 758-759). Come sia andata a finire, è inutile ricordarlo.

L’idea del neo-governo dei due nichilismi – naturalmente con il nobile scopo di debellare l’evasione fiscale, che spesso altro non è che legittima difesa sociale – va nella stessa direzione. Se è quella giusta, allora vuol dire – e non forzo nulla – che i bolscevichi avevano ragione. E se lo Stato è tutto e i suoi debiti sono i debiti della Nazione e le sue spese sono le spese delle famiglie, allora certo che avevano ragione. Peccato che per la realizzazione di questo modello così contrario alle più elementari esigenze di libertà, come la storia ha dimostrato, non esista altro mezzo che la coazione. E da questo punto di vista, non c’è molta differenza tra la Polizia Tributaria ed Equitalia e gli “organi” bolscevichi, se non nei mezzi cui questi ultimi ricorrevano (e, naturalmente, non è poco). Ma la riduzione se non la negazione della libertà, e non solo economica, è la stessa.

E’ un prezzo troppo alto da pagare: s’impedisce il risparmio privato, si ostacola la libertà economica, si nega la festa, si scoraggia – oltre tutti gli anti-incentivi morali – la procreazione. Ricominciare a fare figli sarebbe l’unica soluzione strutturale, ma questa “manovra” contribuisce pesantemente all’inverno se non al suicidio demografico.

I nodi comunque verranno al pettine, e non senza dolore per tutti.

Salute (speriamo) a voi

in J. et M.

g.

Giovanni Formicola

Bibliografia

Serge 1991: Victor Serge, L’anno primo della rivoluzione russa, trad. it. Einaudi, Torino 1991

Lenin 1977: Lenin, Stato e Rivoluzione, trad it. Editori Riuniti, Roma 1977
Lincoln 1991: W. Bruce Lincoln, I Bianchi e i Rossi. Storia della guerra civile russa, trad. it., Mondadori, Milano 1991
Pipes 1995: Richard Pipes, La Rivoluzione russa. Dall’agonia dell’ancien régime al terrore rosso, trad it., Mondadori, Milano 1995

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