Comunicazione di servizio alla magistratura da sbarco

E’ noto che la magistratura italiana è divisa in correnti. Si tratta di gruppi che confluiscono nell’associazione nazionale magistrati e che costituiscono l’equivalente dei partiti politici all’interno dell’ordine giudiziario.

L’adesione dei magistrati, invero, alle singole correnti è determinata, in maniera prevalente, dagli orientamenti ideologici che connotano i plurimi sodalizi di magistrati.

L’adesione, l’attivismo e la militanza dei giudici ad organismi portatori di una visione di “parte” dei problemi della giustizia rappresenta, a parere di chi scrive, un fattore che, di per sé solo, mina quelle prerogative di autonomia, indipendenza e, soprattutto, di imparzialità costituzionalmente previste e che andrebbero massimamente preservate a beneficio della funzione svolta da ciascun appartenente all’ordine giudiziario.

Le correnti più a sinistra ( MD e Area) dell’ANM hanno celebrato nei primi sei mesi del 2019 i loro congressi.

Nel dibattito congressuale di MD ha assunto una rilevanza non secondaria il tema delle politiche prescelte dal governo gialloverde per arginare il fenomeno degli sbarchi “illegali” sulle coste del nostro paese.

Non è dato desumersi che il dibattito si sia è orientato per caso sulle questioni migratorie.

Il titolo prescelto dagli organizzatori, sotto tale profilo, doveva considerarsi particolarmente eloquente: ” il giudice nell’era dei populismi”. E per non lasciare adito a dubbi sugli intendimenti dei congressisti, sui manifesti dell’evento non si è esitato dal pubblicare una vignetta di Vauro particolarmente evocativa: un magistrato che, emulando il gesto di San Martino, offriva la propria toga al migrante appena sbarcato sulle coste, sottotitolata dalla seguente precisa scelta di parte “dalla parte dei sommersi”.
Ovviamente, dai resoconti di stampa, si è appreso che alcune relazioni dei congressisti non hanno lesinato critiche asperrime nei confronti delle politiche di contrasto agli sbarchi illegali prescelte dal governo Conte. E tanto con particolare riferimento agli sbarchi illegali operati mediante l’ausilio di quelle opache organizzazioni impropriamente definite ong.
In quanto provenienti da appartenenti all’Ordine giudiziario, le aspre critiche rivolte nei confronti dell’operato del Governo dovevano riconoscersi ovviamente del tutto legittime, ma in qualche modo singolari: vero è che le decisioni assunte, a livello governativo sulla questione, risultavano unicamente finalizzate a porre un argine pur sempre verso quell’orribile fenomeno di illegalità costituito dal contrabbando di essere umani posto in essere da trafficanti, senza scrupoli, nei confronti di migranti.

Non deve destare stupore allora la particolare sensibilità ed il peculiare attivismo dimostrati dal Procuratore Capo di Agrigento sulle vicende relative agli sbarchi delle navi Diciotti, Sea watch ed Open Arms.

Il magistrato è pur sempre iscritto alla corrente di Md. In effetti deve riconoscersi innanzitutto lodevole, sebbene nella prassi indubbiamente inusuale, che il Capo di un rilevante ufficio inquirente si rechi personalmente ad operare ripetuti sopralluoghi od ispezioni sulle imbarcazioni, non ritenendo bastevole, allo scopo, delegare ufficiali di pg o sostituti procuratori in funzione presso il medesimo ufficio di procura.

All’esito del provvedimento con il quale il Tar del Lazio, in data 14.08.2019, aveva disposto la sospensione del divieto di accesso al porto di Lampedusa, imposto dal Governo alla Open Arms, il reato ipotizzato nella vicenda era quello di cui all’art. 328 cp ( rifiuto od omissione di atti di ufficio).

Considerata la particolare fattispecie ipotizzata all’esito del provvedimento del Tar Lazio, non si comprende la necessità o l’opportunità di procedere ad ispezione o perquisizione, personalmente condotta dal capo della Procura Agrigentina a bordo della nave ONG, essendo stata contestata, “ai funzionari ministeriali da identificare”, la mancata esecuzione di un provvedimento già emesso. Non trattavasi di una condotta dimostrabile per tabulas, mediante cioè la mera acquisizione dei provvedimenti e delle relative notifiche?

Ad ogni modo il sequestro della imbarcazione open Arms – appartenente ad ong dedita allo sbarco illegale di migranti sulle coste nel nostro paese – deve considerarsi palesemente illegittimo.

Sul punto si osserva:

le persone che di trovavano a bordo della Open ARMS non potevano considerarsi “naufraghi”, o comunque aventi diritto al soccorso in mare. Il provvedimento del Pm, sullo specifico punto, muove da un assunto indimostrato, ossia che i cittadini di nazionalità extracomunitaria – raccolti a bordo della Open Arms – fossero da considerarsi per definizione tutti aventi diritto al soccorso, e comunque, all’assistenza ed accoglienza previsti dalle convenzioni e trattati citati nel provvedimento del Pm.

I predetti, invero, erano sprovvisti di documenti d’identità, e non risultavano viaggiare a bordo di navi di linea, destinate cioè a raggiungere ed attraccare legalmente nei porti di destinazione. Non risulta infatti che alcuna nave di linea avesse denunziatonel frattempo, avaria, affondamento o naufragio.

I predetti extracomunitari, pertanto, al momento dell’imbarco, erano preordinatamente tutti finalisticamente orientati ad approdare illegalmente nel porto di destinazione concordato con i trafficanti di esseri umani
Risulta verosimile, pertanto, ipotizzare che i predetti – viste le condizioni peculiari con le quali si erano predeterminati ad affrontare una tratta transfrontaliera, e viste le prassi operative delle impropriamente definite ONG- avessero preordinato di artatamente avvalersi dei meccanismi di salvataggio, soccorso ed accoglienza cui sono tenuti gli stati aderenti alle convenzioni internazionali sul soccorso in mare, deliberatamente stimolandone l’attivazione mediante il prevedibile ricorso all’intervento di ong, o imbarcazioni di guardia costiera ordinariamente operanti sul tratto di mare mediterraneo dai medesimi prescelto.
I predetti pertanto non versavano nelle condizioni di naufrago, o di avente diritto al soccorso secondo le convenzioni internazionali, non essendosi tale presupposto “accidentalmente” verificato, ma sussistendo elementi concreti per ritenere tale accadimento dolosamente indotto anche con il consapevole concorso, o la colpevole cooperazione, dei medesimi migranti in preventivo accordo con le unità contrabbandiere.

Sotto diverso profilo, deve rilevarsi che il reato ipotizzato nel decreto del Pm è quello previsto dall’art. 328 cpp ( rifiuto od omissione di atti di ufficio).

Il sequestro preventivo è un istituto che può essere disposto soltanto nei confronti del corpo del reato o delle cose pertinenti al reato.

In riferimento al reato di rifiuto di atti di ufficio, l’imbarcazione in uso al sodalizio fiancheggiatore dei trafficanti di esseri umani, non poteva apprezzarli avere assunto tale qualità.
Vero è che gli autori del reato di rifiuto di atti di ufficio possono essere il ministro dell’interno o i funzionari allo stesso sottoposti gerarchicamente. Affinché un bene possa essere sequestrato è necessario che si trovi nella disponibilità degli indagati, o dei possibili autori dell’illecito. Il sequestro infatti è un istituto che mira a sottrarre all’indagato, od all’autore di un reato, cose che versano nella sua disponibilità, diretta o indiretta. Tale non era l’imbarcazione sequestrata.
Nel caso Open Arms l’imbarcazione non versava nella disponibilità dei possibili autori dell’illecito ipotizzato. L’imbarcazione non costituisce altresì un bene mediante il quale il reato è stato commesso e nemmeno la cosa sulla quale il reato contesto è stato commesso. L’oggetto materiale dell’omissione del pubblico ufficiale è costituito, in siffatta ipotesi, dal provvedimento autorizzativo non adottato o dagli atti che il ministro avrebbe dovuto adottare onde dare esecuzione al provvedimento del Tar.
Sullo specifico punto, nel provvedimento si riscontra un silenzio eloquente.
Il decreto del Procuratore della Repubblica di Agrigento, infatti, non contiene alcuna motivazione sul rapporto di strumentalità pretesamente intercorrente tra il bene sequestrato ( Nave ong ) ed il reato commesso ( omissione di atti di ufficio) trattandosi di rapporto del tutto inesistente, in natura prima che in diritto.

Il pubblico ministero, pertanto, disponendo il sequestro della imbarcazione appartenente a sedicente ONG, ha inteso surrogare altri istituti del diritto civile o amministrativo. Ne è risultata illegittimamente invasa, in tal modo, la sfera del potere esecutivo. Gli sbarchi illegali sul territorio italiano continuano, con ogni mezzo disponibile.

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Carmine Ippolito

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