La battaglia per il contenimento del contagio è persa. La diffusione del virus è fuori controllo. L’adozione del modello cinese di contenimento in Italia si è rivelata fallimentare. Renzi ha ragione: l’economia deve ripartire subito altrimenti gli effetti dei rimedi si riveleranno peggiori del male. E su questo fronte non abbiamo scelta: bisogna vincere
La matematica è inesorabile, non opinabile. Stando ai numeri, la battaglia per il contenimento del contagio, in Italia, è già persa. A poco più di un mese dal 21 Febbraio, allorquando a Codogno sono stati individuati i primi casi di persone contagiate dal virus mai state in Cina, il numero dei contagi, in Italia,
ha sfondato la soglia dei centomila. I decessi hanno ampiamente superato il tetto delle 10.000 persone, attestando il nostro paese al primo posto assoluto per vittime della pandemia da coronavirus. Il raffronto dei numeri, con il totale della popolazione rispettivamente residente in Italia ed in Cina, è inesorabile. La Cina ha registrato poco più di 80 mila contagiati e complessive 3 mila morti durante tutto l’arco del flusso epidemico, a fronte di una popolazione più di venti volte superiore a quella italiana. Il Pontefice 1 ha compreso prima di ogni altro lo stato di cose. Ha annunciato l’indulgenza plenaria per impartire, di fatto, l’unzione degli infermi a coloro cui i sacerdoti non potranno impartire negli ospedali i mezzi di salvezza.
Se ne deve dedurre che la capacità di diffusione del virus, sul nostro territorio, è ormai fuori controllo. Del contagio vanno comunque analizzate le dinamiche, onde almeno limitarne gli effetti per il futuro. Le misure disposte dal governo,dopo 21 giorni, vanno ripensate essendosi rivelate inefficaci o, addirittura, controproducenti.
Le ragioni della disfatta. Dalla Cina, in Italia, siamo ormai abituati ad importare tutto: quindi abbiamo importato il virus e anche la strategia di contrasto. La medesima strategia, però, con un governo irresoluto a tutto, ha condotto ad esiti che di certo non possono definirsi soddisfacenti.
Non è mai stato disposto il divieto senza eccezioni, per le persone che si trovavano nei territori, all’origine, maggiormente colpiti dal contagio, di allontanarsene. Tale misura è stata solo sciaguratamente paventata, determinando effetti diametralmente opposti alla circoscrizione del focolaio epidemico. Il Governo, estendendo all’intero territorio nazionale, lo status di zona rossa, ha poi, di fatto, consentito spostamenti permanenti dalle zone più colpite dal contagio a quelle ancora immuni.
La chiusura delle scuole ha esposto gli anziani ad un più elevato rischio contrazione del contagio. Sotto il profilo epidemiologico, il dato più eloquente è quello relativo all’eta’ elevatissima dei contagiati che, in media, si attesta sui 63 anni, risultando superiore di oltre 20 anni all’età media dei contagiati nelle comuni influenze. La fascia di età che va dai 0 ai 19 anni registra una percentuale di contagi accertati dell’1%: nelle influenze stagionali la fascia di popolazione che va dai 0 ai 19 anni si attesta, normalmente, tra il 30 e il 40% dei contagiati. L’Italia è la nazione che registra il più alto tasso al mondo di abitanti che superano i 75 anni e che mediamente sono portatori di almeno di 2, 5 patologie croniche importanti. La strategia dell’indiscriminato “tutti reclusi in casa”, ha reso gli ambienti domestici PROMISCUI, imponendo il costante contatto tra giovani positivi e non sintomatici CON anziani gravati da pesanti malattie, esponendo questi ultimi a maggiori costanti occasioni di contrazione del virus. Non a caso l’assessore al Welfare della Lombardia ha raccomandato di rispettare le distanze canoniche anche nelle proprie abitazioni
Eccessiva ospedalizzazione, promiscuità degli ambienti ospedalieri.
Si è registrata un’ eccessiva ospedalizzazione dei contagiati, soprattutto in Lombardia. E tuttora si dispone il ricovero di contagiati nelle medesime strutture ospedaliere ospitanti degenti non affetti, all’origine, dal contagio. Gli effetti nefasti dell’abnorme ricorso all’ospedalizzazione si evince dal raffronto delle percentuali: in Veneto viene ricoverato il 29% dei contagiati, a fronte del 57% lombardo. L’efficientismo lombardo, nel caso del contrasto al Covid19, si è rivelato drammaticamente nefasto: la mortalità da corona virus, in veneto, è un terzo di quella lombarda. Un altro dato deve riconoscersi eloquente: dei 3654 operatori sanitari che risultavano positivi al corona virus alla data del 19 marzo, 2808, il 77%, prestavano servizio in Lombardia. Riassumendo: la Lombardia registra il 47% complessivo di tutti i contagiati, il 64% dei morti e il 77% del personale medico infetto. Se ne deve dedurre la seguente dinamica: sovraffollamento dei presidi e reparti ospedalieri (ambienti chiusi, come quelli domestici, ed a più elevata esposizione al rischio contagio), elevato tasso di contagio del personale sanitario che, a sua volta, si tramuta in formidabile veicolo di diffusione del virus agli altri ammalati e parenti non contagiati. Lo stesso Istituto superiore di sanità ha denunziato l’evidenza dell’elevato potenziale di trasmissione, in ambito assistenziale, del Covid19. Sulla promiscuità in ambito assistenziale dei contagiati, è intervenuta, da ultimo, anche l’Anaoo Assomed, sindacato dei dirigenti medici della Campania che, elaborando il quarto report dall’inizio dell’emergenza epidemica, ha denunziato: l) l’aggravarsi della condizione psico fisica degli operatori sanitari, troppi dei quali infettati in numero tale da non riuscire più a contarli; 2)” la perdita di controllo del paziente Covid, non di quello che vaga per le strade non sapendo di essere contagiato, ma del paziente Covid accertato, che entra in ospedale con capacità di contagio, perché i direttori generali e sanitari non sono riusciti, a distanza di più di un mese, a realizzare percorsi separati in grado di salvaguardare il personale ed i pazienti non ancora affetti dal contagio”.
Elevata mortalità italiana, promiscuità domestica, contagio degli anziani, trattamento ospedaliero disumanizzante. In Lombardia si concentra il 70% di morti di Corona virus, con un tasso di mortalità di oltre 11 morti su 100 contagiati. Tali percentuali non hanno un analogo termine di paragone in nessuna parte del mondo. Il complessivo tasso di letalità italiano supera del doppio quello cinese rivelandosi, comunque, anomalo sull’intero territorio nazionale. In Italia anche la percentuale dei guariti è anomala: a tutt’oggi il rapporto tra guariti e morti è di appena 12 guariti ogni 10 morti. In Cina, invece, allorquando l’ondata epidemica si andava esaurendo si registravano 25 guariti per un morto. La sopravvalutazione della pericolosità di Covid19 ha finito per accentuare il ricorso al ricovero e, stante il sovraffollamento dei reparti,la conseguente disumanizzazione del trattamento assistenziale: il definitivo distacco degli ospedalizzati dalle famiglie, l’isolamento in reparti con personale sanitario travisato dagli scafandri di protezione, impossibilità di ricevere visite, sottrazione anche gli sguardi compassionevoli di chiunque. Condizioni di degenza predisponenti alla depressione ed all’ indebolimento della funzionalità del sistema immunitario dei contagiati. Tanto può essersi rivelato decisivo, ai fini della mortalità, considerato che il corona virus colpisce in stragrande prevalenza i sistemi immunitari deboli o compromessi. Risulta, infatti, statisticamente non significativo il numero dei bambini o adolescenti contagiati ( 4 contagiati su 10 hanno più di 70 anni).
Ciononostante il virus sarà debellato, anche perché tali microrganismi finiscono, con il decorso del tempo, per perdere anche autonomamente vigore in ragione del loro ciclo biologico.
Persa la battaglia sul fronte epidemico, bisogna assolutamente vincere quella da combattere sul versante economico. Vero è che se l’epidemia è immanente, la carestia è imminente. E’ fondamentale impedire questa ulteriore catastrofe da cui, in futuro, il paese potrebbe non più riprendersi. E la catastrofe civile, economica e sociale può conseguire dall’ingiustificato perdurare delle limitazioni rivelatisi inefficaci sul fronte sanitario.
Renzi ha ragione : non è prematuro programmare da subito la ripartenza per scuole, università ed economia. Le misure economiche stabilite dal governo servono appena per l’ennesimo salvataggio di Alitalia e, forse, per evitare sanguinosi assalti ai forni da parte delle fasce di popolazione più disperate. Affidarsi all’esiguità degli stanziamenti non consentirà di evitare il fallimento di migliaia di imprese e neppure a garantire la ripresa delle attività da parte degli autonomi. Questi ultimi, in mancanza di adeguate provvidenze di Stato, alla fine dell’emergenza si ritroveranno impoveriti, economicamente dissanguati e psicologicamente depressi. Il Governo italiano ha stanziato meno di quello austriaco, nonostante la popolazione austriaca sia almeno sei volte inferiore a quella italiana. Negli stati Uniti, la Fed in tre giorni, ha stampato 2000 miliardi per pompare moneta nelle tasche dell’economia reale. Il governo americano ha potuto pensare a sostenere tutti i lavoratori, anche quelli interinali. Noi, invece, ci siamo privati della funzione essenziale della banca Centrale. Abbiamo la BCE, guidata dalla Lagarde, una signora ben vestita. E ostinatamente affidiamo il destino della tenuta economica del paese ad un responso di Frau Merkel e di Frau Van der Layen. Le future generazioni, un giorno, ci malediranno anche per questo.

Quesito finale. Nel 2009 l’endemica diffusione di un altro virus cinese provocò, nel mondo, dalle 100.000 alle 400.000 vittime. L’infezione, allora come ora, esponeva i contagiati ad una grave patologia respiratoria denominata Sars. L’allarme si diffuse subito e, soprattutto nei paesi europei, si trasformò in una vera e propria psicosi di massa. Non furono da alcuno però nemmeno invocate le aggressive limitazioni di libertà e di sospensione dei diritti cui oggi si trova sottoposta, a tempo indeterminato, gran parte della popolazione mondiale. Il tempo ci rendera’ conto della provvisorietà di tali misure, ce ne farà comprendere le effettive ragioni ed i reali scopi.
Carmine Ippolito