Al Masri, commedia, tragedia e comiche finali.

Nuovo capitolo della vicenda Al Masri, il militare libico accusato di
torture e crimini contro l’umanità, arrestato, su mandato della Corte
penale internazionale, poi espulso e riaccompagnato in Patria con volo
di stato italiano.  Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, esce
dal caso in quanto il Tribunale dei ministri ha deciso di archiviarne
la posizione. Mentre nei confronti dei ministri dell’Interno e della
Giustizia, Matteo Piantadosi e Carlo Nordio, e del sottosegretario
alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, si ritiene
praticabile una ragionevole previsione di condanna per i reati di
peculato e favoreggiamento  e viene avanzata richiesta di rinvio a
giudizio e di autorizzazione a procedere.

La decisione del Tribunale dei ministri è stata preceduta di qualche
giorno dai contenuti di un’eloquente intervista, rilasciata al
quotidiano la Repubblica, dal dott. Raffaele Piccirillo, sostituto
procuratore generale presso la Corte di Cassazione ed erudito
giurista.  L’intervista ha di certo inconsapevolmente anticipato gli
esiti dell’istruttoria sul caso, ma le argomentazioni in essa
articolate, in quanto speculari alle valutazioni cui è successivamente
pervenuto il Tribunale dei Ministri circa la responsabilità degli
uomini di governo indagati,  ne rende l’analisi dei contenuti
particolarmente stimolante.

Piccirillo, già capo di gabinetto al ministero della Giustizia
allorquando occupava il dicastero l’eminente avvocato grillino
Bonafede, al secolo Fefè o Dj – nel corso dell’intervista ha
motivatamente sentenziato  che non vi fosse alcuna ragione giuridica
per non convalidare l’arresto di Al Masri, e per non consegnare il
generale libico alla Corte penale internazionale.

Con assoluta chiarezza espositiva, l’ex capo di gabinetto del Ministro
a cinque stelle, ha chiarito  che le disposizioni contemplate dalla
normativa che regola l’esecuzione dei mandati di arresto della Corte
penale internazionale, risultavano essere state negligentemente
disattese, dai soggetti istituzionalmente chiamati ad adottare,
ciascuno per quanto di rispettiva competenza, i provvedimenti del
caso.

Era prevedibile immaginare che il punto di vista critico, promanando
da fonte qualificata e autorevole, sarebbe risultato politicamente
significativo in quanto, per farla breve, espressione di una visione
politica e di un pensiero giuridico alternativo rispetto a quello che
aveva ispirato le scelte degli uomini di governo intervenuti ad
affrontare la questione nella peculiare contingenza operativa derivata
dall’arresto di l Masri.  Le affermazioni del dottor Piccirillo
rendono plausibile, quindi, ipotizzare che, nel caso in cui, all’atto
dell’arresto del presunto torturatore libico, vi fosse stata al
governo una coalizione a 5 stelle, costui giammai sarebbe stato
espulso e rimpatriato in Libia. Al contrario, stando alla lucida
valutazione dell’ex capo di gabinetto dell’indimenticato ministro
grillino, con indefessa solerzia ed intransigente osservanza delle
norme, Al Masri sarebbe stato consegnato agli organi della Corte
penale internazionale in esecuzione del mandato di arresto.

Al di là di ogni fisiologica contrapposizione strumentalmente polemica
tra contrapposti schieramenti politici,  il caso sottende una
questione che travalica i termini della corretta applicazione
procedurale, vertendo sul  massimo problema intorno a cui ha ruotato
la contemporanea speculazione politica occidentale.

In taluni casi, la decisione di un governo si misura, purtroppo, con
l’innegabile difficoltà di conciliare la teoria giuridica dello stato
con la comprensione scientifica della politica. E tale significativo
aspetto, nella critica valutazione dell’ex capo di gabinetto del
ministro grillino – come nelle assimilabili  determinazioni del
Tribunale dei Ministri sull’operato degli uomini di governo
intervenuti – viene troppo disinvoltamente tralasciato.

Allorquando le ragioni del diritto e quelle degli interessi tutelati
dallo stato collidono – e’ questo il quesito di fondo- il decisore,
ossia colui che è chiamato ad assumere la decisione politica sovrana,
è tenuto ad affermare il primato della nuda norma o a tutelare la
sicurezza interna ed esterna dello stato?

Lo stato moderno, a differenza di qualsivoglia altro soggetto di
diritto, ha due anime, essendo una manifestazione della politicità e,
contemporaneamente, un ordinamento giuridico che si articola anche sul
piano sovranazionale.

 Vero è che gli stati che hanno aderito al trattato istitutivo della
Corte penale internazionale hanno ceduto parte della propria sovranità
giurisdizionale a quest’organo sovranazionale cui è stata
riconosciuta, con il trattato di Roma, competenza funzionale a
trattare genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità.

Ciononostante, le decisioni adottate, nel caso al Masri, dal governo e
dai magistrati della Corte di appello di Roma, non collidono con la
teoria giuridica dello stato trattandosi delle uniche determinazioni
che politicamente potevano essere assunte in una condizione
assimilabile al cosiddetto stato di eccezione.

Quello dello stato di eccezione è un concetto universalmente
riconosciuto dalla teoria generale del diritto. Si tratta di concetto
limite, ma nient’affatto confuso, di cui è agevole richiamare esempi,
anche della storia recente del nostro paese, che  legittimano la
compatibilità con l’ordinamento e la teoria giuridica dello stato di
decisioni assunte su accadimenti del tutto imprevedibili nella
produzione normativa del legislatore . Basti ricordare  l’arresto di
Mussolini, disposto il 25 Luglio 1943 dal Re, la sospensione della
scarcerazione di Priebke conseguente ad una sentenza dichiarativa
della prescrizione, disposta dal ministro della giustizia,  ossia da
un soggetto privo di competenze funzionali ad emettere atti privativi
della libertà personale.

La decisione adottata sul caso Al Masri costituisce un atto di stato
anomalo, e se vogliamo ripugnante, avendo determinato l’espulsione di
un comandante libico accusato dei peggiori delitti commessi nella sua
patria. E’ errato ritenere, però, come si pretende fare, sulla base di
una visione giuridica connotata da un normativismo di matrice
assolutizzante, che tale difficile decisione possa apprezzarsi
illegittima, delittuosa o criminale.

Nel caso di specie giammai i decisori politici risultano avere
determinato uno sviamento delle funzioni istituzionali loro
attribuite. Ricorreva, infatti, quella oggettiva condizione di
necessità qualificabile, sul piano della teoria generale dello stato,
come stato di eccezione:  certo è che dalla consegna di Al Masri alla
Corte dell’Aia ne sarebbe derivata la concreta esposizione a pericolo
della sicurezza interna ed esterna dello stato, ossia  di cittadini ed
imprese strategiche nazionali, operanti nella regione libica. Il
governo ha agito pertanto in una condizione nella quale alla nuda
norma non poteva essere riconosciuto un formalistico primato, e le
prerogative sovrane dello stato repubblicano dovevano ritrovare
prevalenza e massima espansione .

Nessuno può affermare che la Libia è, dallo spodestamento di Gheddafi,
uno stato normale. Forse non è più nemmeno uno stato. Non è di certo
uno stato di diritto. La Libia è uno stato anomico, ove non esiste un
unico governo, dove molte tribù e fazioni armate si contendono, con
ogni mezzo, il controllo militare del territorio e delle risorse. E
dove la certezza della legge non esiste. Se fosse stata data
formalisticamente esecuzione, da governo e corte di appello, al
mandato di arresto di Al Masri, di certo cittadini, imprese ed
interessi italiani sarebbero risultati automaticamente esposti un
ampio fronte di aperta belligeranza.  E’ possibile, invece, concludere
che se, al governo, allorquando è stato arrestato il generale libico,
avessimo avuto un governo a guida grillina, il primato della norma
sarebbe stato fatto salvo, ma la sicurezza dello stato repubblicano
sarebbe stata in pericolo. E’ difficile riconoscere a quale
genere rappresentativo ( commedia o tragedia?)  la tormentata trama
della vicenda al Masri meglio si presta ad essere iscritta.   Di
certo, siamo ancora molto  lontani dall’epilogo e, quindi, dalle
comiche finali.

Carmine Ippolito

https://youtu.be/GpodwSSx-5o?si=kv1vJVXUY7FVIxsJhttps://youtu.be/GpodwSSx-5o?si=kv1vJVXUY7FVIxsJ

Lascia un commento